BENVENUTI
NEL TEXAS D’ITALIA!

Una regione che galleggia sul petrolio, ma che a dispetto di tale supposta ricchezza non riesce a porre argine alla fuga della sua gioventù. Benvenuti in Basilicata, il “Texas d'Italia”, come è stata ribattezzata nelle ultime due decadi del secolo scorso, quando nella Val d'Agri, a una cinquantina di chilometri da Potenza, è stato scoperto il giacimento su terra ferma più ricco d’Europa. Da quel momento una delle valli più rigogliose del Meridione, famosa per la produzione di fagioli e mele, è diventata il fulcro dell'estrazione petrolifera nostrana. Nel suo cuore è stato innestato il Centro Olio Val d'Agri (COVA), che raccoglie il petrolio estratto nei pozzi sparsi nell'area (al momento quelli attivi sono 24). La produzione si aggira intorno agli 80mila barili al giorno, a fronte di un massimo previsto per concessione statale che può raggiungere le 104mila unità. Da alcuni mesi è attivo un secondo centro Olio, quello di Tempa Rossa, gestito dalla Total, che è già nell’occhio del ciclone per una serie infinita di problemi e incidenti.

Ma siamo sicuri che i benefici, sotto forma di royalties e posti di lavoro, superino i “costi”, ovvero l’inquinamento di aria, acqua e della terra e i relativi effetti sul territorio e le comunità che lo abitano? E che gli stessi benefici stiano veramente cambiando il volto della Basilicata? Quella che è storicamente una delle regioni più povere d’Italia è rimasta tale e centinaia di suoi figli continuano a cercare fortuna altrove.

IL VIAGGIO DEL PETROLIO, DAL POZZO ALL’OLEODOTTO

Breve storia del petrolio
in Basilicata

1901

A Tramutola si approva una delibera affinché “sia inviato in questo Comune un Ingegnere delle Miniere con l’incarico di osservare la zona petrolifera esistente in questo territorio”. Ci sono dei primi riscontri ad opera dell’ingegnere Camillo Crema, ma siamo ancora in una fase molto prodromica dello sviluppo petrolifero.

1921

In Val d’Agri è attivo il primo pozzo, denominato Fossatelle 1.

1933

Sono accordati vari permessi di ricerca all’Agip (fondata nel 1926).

1936—1943

Prime esplorazioni portate avanti dall’Agip, il petrolio scoperto sul territorio lucano serve per far fronte al fabbisogno nazionale in tempo di guerra. Ma non si può ancora parlare di “Texas d’Italia”.

1964

Entrano in produzione le centrali a gas di Pisticci e Ferrandina, ora quasi totalmente in fase di dismissione.

1984-1987

Vengono accordati vari permessi di ricerca a numerose società.

1988-92

Sono scoperti nella loro interezza i giacimenti petroliferi in Val d’Agri, la più grande riserva di oro nero su terra ferma d’Europa. La Basilicata diventa il “Texas d’Italia”.

1996

In Val d’Agri viene inaugurato il Centro Olio Monte Alpi di Eni.

1998

Eni e lo stato italiano firmano un accordo per la produzione di 104mila barili al giorno di petrolio – la produzione si fatto si attesta poco sopra le 80mila unità di media.

2001

Il Centro Olio Monte Alpi viene considerevolmente ampliato e rinominato Centro Olio Val d’Agri (COVA). Entra in funzione l’oleodotto che dal Cova trasposta il petrolio alle raffinerie di Taranto.

2017

Sversamento di 400 tonnellate di greggio e chiusura del COVA per tre mesi. Presso il tribunale di Potenza inizia il processo “Petrolgate”.

2021

Sei manager dell’Eni, la società e un ex dipendente della Regione Basilicata vengono condannati per traffico illecito di rifiuti. È la sentenza di primo grado del cosiddetto “Petrolgate”.

Capitolo 1

L'inquinamento dell'acqua

Il COVA, il Centro Olio dell’Eni, si trova a soli due chilometri dall’invaso del Pertusillo, che fornisce acqua potabile a mezzo Sud Italia. Negli anni si sono rincorsi numerosi allarmi, tutti inascoltati. Poi nel 2017 si è verificato “l’incidente”.

INIZIANO I PROCESSI

Dopo il Petrolgate si terrà un altro procedimento per disastro ambientale

Tenente Giuseppe di Bello

Giuseppe di Bello è capitano della polizia provinciale, per quasi dieci anni demansionato fino a diventare il custode al museo di Potenza a “causa” delle sue denunce sull'inquinamento all'invaso del Pertusillo.
Moria di pesci anomala presso l’invaso del Pertusillo

Uno sversamento di ben 400 tonnellate di petrolio, frutto di una perdita da un serbatoio (o forse più d’uno) che è andata avanti per mesi, se non anni. L’Eni assicura di aver recuperato 340 t del greggio perso. Vicino al Centro Olio scorrono vari corsi d’acqua affluenti del fiume Agri che si immette nel Pertusillo. Davvero la situazione era, ed è sotto controllo? Lo stabiliranno i giudici della procura di Potenza, che nei prossimi mesi processeranno per disastro ambientale i manager dell’Eni responsabili della gestione del Centro Olio.

L’INQUINAMENTO DELL’ORO BLU

Le acque lucane sono un corpo del reato

DOTT. GIORGIO SANTORIELLO

Giorgio Santoriello è l’anima e il fondatore dell’associazione COVA CONTRO, in prima linea nel denunciare le devastazioni ambientali in atto in Basilicata, a partire dagli effetti dell’estrazione petrolifera.

CAPITOLO 2

L’Inquinamento dell’aria

Odori nauseabondi, sfiammate, rumori fortissimi. Abitare vicino a un centro olio come quello dell’Eni in Val d’Agri porta con sé un corollario di “inconvenienti”. L’aria che le comunità locali respirano non è sicuramente più quella del paradiso bucolico del passato.

IL MONITORAGGIO CIVICO
Isabella Abate dell’Osservatorio Popolare della Val d’Agri: "Prima di Eni la Basilicata era un’isola verde dove l’agricoltura spiccava e il turismo era possibile"

Gli enti demandati a effettuare i controlli non sempre sono stati affidabili e trasparenti. Così le “anomalie”, come le definisce l’Eni, finiscono troppo facilmente nel dimenticatoio. Eppure organizzazioni indipendenti come Source International certificano che nell’aria della Val d’Agri alcuni valori inquinanti sono al di sopra di quanto si registra in città come Pechino o Nuova Delhi.

Non a caso la Valutazione d’Impatto Sanitario realizzata nel 2017 ci racconta che a Viggiano e Grumento Nova i due paesi più vicini al Centro Olio hanno un’incidenza di tumori e malattie respiratorie superiori alla media regionale.

In base ai dati, si comprenderebbe l’associazione di rischio tra le emissioni del COVA e le patologie cardiovascolari e respiratorie, con un aumento del 19% della mortalità delle donne per tutte le cause e del 15% di donne e uomini di Viggiano e Grumento rispetto a quelli degli altri 20 comuni della Val d’Agri. Analogamente è stato registrato un incremento dei ricoveri ospedalieri per malattie circolatorie del 41% e del 48% per malattie respiratorie.

La salute della Val d’Agri

Non è mai stato fatto un punto bianco sanitario

DOTT. GIAMBATTISTA MELE

Giambattista Mele è stato il presidente della commissione intercomunale per la Valutazione d’Impatto Sanitario (VIS) svolta sui comuni di Viggiano e Grumento Nova in merito agli impatti delle attività estrattive di Eni negli ultimi due decenni.

Capitolo 3

L’Inquinamento della terra

Il petrolio lascia alle sue spalle una lunga scia di rifiuti, da quando viene estratto dai pozzi fino a quando viene “lavorato” negli impianti come il Centro Olio. Smaltire i rifiuti costa e presenta molteplici criticità, come sanno bene in Basilicata.

IL PIANO ANTISISMICO SPARITO

Il rischio di incidenti al Centro Olio è stato valutato in maniera adeguata?

ING. ANTONIO ALBERTI

Antonio Alberti è un imprenditore. La sua azienda si trova a poche centinaia di metri dal Centro Olio, con tutto quello che ne consegue.

Decine di camion che trasportano rifiuti in un impianto ormai ai limiti. Un pozzo esausto, detto reiniettore, usato come discarica. Vari tentativi di realizzare una struttura per lo smaltimento a due passi dal Centro Olio, tutti andati a vuoto ma i tentativi per realizzarla continuano. Pulire le tracce dello sfruttamento petrolifero è l’ennesima faccia sbagliata della medaglia. A volte si ricorre a espedienti che finiscono per violare la legge, come ha stabilito in primo grado il tribunale di Potenza condannando l’Eni e alcuni suoi manager per smaltimento illecito di rifiuti.

Capitolo 4

L’Inquinamento delle menti

La salvezza di una delle regioni più povere d’Italia sarebbe dovuta passare per la “benedizione” del petrolio, anche al prezzo di compromessi su temi delicati come ambiente e salute. Eppure il tanto agognato “sviluppo”, la tanta attesa svolta sono rimaste fin troppo sfumate. Eppure in pochi fanno sentire la loro voce, in pochi si lamentano e chiedono una reale “alternativa”.

Dalla Basilicata si continua a “fuggire”. In epoca pre-covid il tasso di disoccupazione giovanile era superiore al 35% e il numero di persone che cercavano fortuna all’estero o in altre regioni d’Italia in media di 700 l’anno – non poche, visto che i lucani sono poco più di 600mila, l’1% della popolazione italiana. Anche l’amministratore delegato dell’Eni Claudio Descalzi, durante l’assemblea degli azionisti del 2017, aveva riconosciuto che “c’erano dei problemi”, che l’”Eni avrebbe potuto fare di più”. Un recente studio dell’Università di Rotterdam* ha dimostrato, dati alla mano, che i benefici dell’oro nero per la Basilicata sono stati a dir poco limitati. Ma in termini di messaggio per la collettività, di condizionamento del comune sentire, il petrolio continua a essere la luce all’orizzonte, il mito che non può e non deve essere “smontato”.

*Fonte: A regional resource curse? A synthetic-control approach to oil extraction in Basilicata, Italy di Lorenzo Pellegrini, Luca Tasciotti e Andrea Spartaco.

La favola dal finale sbagliato

Bisogna superare l’epoca preistorica del petrolio

Enzo Alliegro

Enzo Vinicio Alliegro è professore associato di discipline demo-etnoantropologiche presso il Dipartimento di Scienze Sociali dell'Università degli Studi di Napoli Federico II.